domenica 6 maggio 2007

La Navicella delle vanità

L'ultima edizione è appena uscita. A comporre i ritratti un tempo pubblicati dal mitico Giuseppe Scuderi e oggi dalla Editoriale Italiana 2000, sono infatti gli stessi deputati e senatori. Che nelle asciutte o sdiluvianti auto-biografie rivelano qua e là, soprattutto in certi dettagli, una quantità di cose a volte più rivelatrici di pensosi saggi sociologici. In particolare sul versante dell'«autostima». Delle debolezze. Delle vanità. Sia chiaro: è sempre stato così. Vincenza Bono Parrino, leggendaria ministra dei Beni Culturali, si vantava d'avere «scritto articoli su Flora Tristan, Proudhon, Lassalle, Turati, Kuliscioff, Luxemburg». Il democristiano Piero Bargellini sbandierava di aver vissuto «nel Mugello, patria di Giotto, del Beato Angelico e di Andrea del Castagno». Il nazional-alleato Valentino Martelli elencava fieramente di aver compiuto «oltre 200 interventi cardiochirurgici ripartiti in: 50% by-pass aortocoronarici, 30% sostituzioni valvolari, 10% cardiopatie congenite, 5% urgenze, 5% aneurismi aorta toracica e addominale cronici e dissecanti». Il Cav. Com. Gr. Uff. Vincenzo Ruggero Manca, deputato forzista, si piccava d'aver collezionato 3.500 ore di volo su «16 diversi tipi di velivoli tra cui il Tornado, l'F104, l'Amx e l'Mb.339» e di avere tra le altre la «medaglia "Cheonsu" dell'Ordine al merito della Corea del Sud». Per non dire di Ilona Staller che, stesa una lista di film porno dei quali era stata protagonista (come «Curve deliziose» o «Carne bollente», al fianco del superdotato John Holmes) consegnò ai posteri un ricordo della sua battaglia più ardente contro il nucleare: «Girava nuda in macchina per Roma con un carciofo radioattivo in mano». Vette ineguagliabili.

Anche l'ultima Navicella, però, contiene chicche preziose per i cultori. A partire dallo sventolio di onorificenze. Se Francesco Cossiga ha deciso stavolta di sopprimere il suo lunghissimo elenco di medaglie e nastrini (dall'«Ordine dell'Aquila Azteca» al «Collare dell'Indipendenza del Qatar») limitandosi a gigioneggiare snobisticamente sulle «varie lauree honoris causa di università italiane e straniere», c'è chi si fa bello con un po' di tutto.

Il senatore del Partito Democratico Meridionale, Pietro Fuda (che trova normalissimo cumulare la carica parlamentare con quella di amministratore unico dell'aeroporto di Reggio Calabria), è «commendatore dell'ordine patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme». Il neo-democristiano Maurizio Eufemi è «insignito della onorificenza pontificia di Cavaliere dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro». Il suo amico dell'Udc, Ciro Alfano, devoto e partenopeo, è «Cavaliere del Comitato Diocesano di San Gennaro». E via così. Il democristiano (di rito rotondiano) Gianpietro Catone, non bastandogli forse il lustro di essere «Commendatore dell'Ordine di San Gregorio Magno» che condivide col forzista Claudio Azzolini, si pavoneggia di avere ricevuto il «Premio Capri San Michele Varie Umanità». L'azzurro Luigi Lazzari gonfia il petto per avere dato alle stampe il volume «L'uso delle acque in Puglia» e il collega Sabatino Aracu per essere il direttore della rivista «Pattinare». L'ulivista Donato Renato Mosella rammenta a tutti di avere consegnato alle tipografie «L'attività motoria nella vita di classe», manuale delle attività ludiche dei bambini della scuola elementare e «Guida per una nuova progettualità». L'ex socialista, ex forzista, ex socialista, ex dc ed ex dipietrista Sergio De Gregorio si gloria di avere lavorato «per periodici prestigiosi come l'Espresso e Oggi ». La berlusconiana Laura Bianconi decanta la sua collaborazione «con Tematiche parlamentari, con Il Resto del Carlino, cronaca di Cesena e con una rubrica mensile per Forza Romagna! ». Niente, però, viene sbandierato quanto le lauree. Quelle vere, quelle taroccate e quelle ad honorem. Su una vecchia Navicella di qualche anno fa Paolo Emilio Taviani, di lauree honoris causa, ne elencava venti, ottenute dall'Argentina all'Uruguay, dal Perù all'Ecuador, dalla Repubblica Domenicana alla Bulgaria o a Cuba... Giulio Andreotti ricorda di averne una della Sorbona, una della Loyola University di Chicago, una degli atenei di Salamanca, di La Plata, della Notre Dame University di South Bend, Indiana. Tommaso Padoa- Schioppa, come non si curasse di queste cose preferendo ricordare di essere stato «co-segretario del Comitato Delors» o Membro del Gruppo dei Trenta, dice di avere «ricevuto sei lauree honoris causa ». Ci pensino gli altri, se vogliono, a ricostruire quali. Anche Francesco Rutelli, che alla voce professione si definisce «giornalista» pur risultando iscritto da una vita al solo albo dei pubblicisti e mena vanto d'aver avuto la soddisfazione di essere «nominato sindaco difensore ideale dei bambini dall'Unicef» nel 1994, ha le sue belle lauree honoris causa. La prima dalla università «John Cabot» di Roma, la seconda dalla «Temple University» di Roma, la terza dalla «American University» di Roma. L'aennino Gustavo Selva ha dovuto invece andare un po' più lontano, all'«Università cattolica Fu Jen di Taipei (Taiwan)». Come lontanuccio hanno dovuto spingersi il diessino Mirello Crisafulli (che si dice dottore «ad honorem» alla chiacchierata Constantinian University) e il senatore biancofiore Mauro Cutrufo, che porta all'occhiello una « laurea honoris causa in Scienze Politiche presso la University of Berkley». Ammappete, direte voi: la celeberrima Berkeley californiana! No: Berkley senza la e tra la k ela l. Una specie di sottomarca di ateneo, che ammicca all'errore di stampa e stando alle informazioni su internet sforna delle belle lauree da appendere al muro a prezzi piuttosto convenienti. Lontano lontano c'è anzi chi si è fatto qualcosa di più che una laurea. Come l'ex ministro Mario Baccini. Il quale, stando alla Navicella, dopo avere scritto opere fondamentali quali «Dall'antico agro portuense all'area metropolitana di Roma Nord-Ovest» è stato giustamente «insignito del titolo di professore emerito di relazioni internazionali dall'Università Cattolica dell'Honduras Nostra Signora Regina della Pace». Perdindirindina, direbbe Totò, un altro cervello in fuga!

Gian Antonio Stella (da Corriere.it)

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