Bologna, 28 giugno 2008 - OGGI le strade della città saranno invase dai ‘diversi’ che, con la parata omosessuale, chiedono di tutelare la loro libertà. Lei, intanto,urla con tutte le sue forze per sottolineare la propria ‘diversità da quei ‘diversi’. "Non voglio più essere accomunata a chi si traveste, fa spogliarelli e si comporta come un pagliaccio. Io sono una signora". Sandra Alvino, sessantatreenne torinese, presidente dell'Associazione italiana transessuali ha cambiato sesso nel 1974 e nell’82 si è sposata in Comune.
Cosa pensa del Gay pride organizzato dalla comunità lesbica, gay e transessuale?
"Sono assolutamente contro questa parata perché è solo un brutto spettacolo delle eccentricità. Sono stanca di essere considerata uguale a loro perché non è cosi. Loro chiedono l’orgoglio, ma sono le prime a discriminarsi da sole mettendosi in ridicolo. Hanno fatto uno scempio di tutto quello per il quale io, e tutte le altre trans ‘storiche’, abbiamo lottato per anni. Non hanno nulla da reclamare perché non hanno mai portato avanti le nostre richieste. L’associazione Arcigay di Bologna non ci ha offerto aiuto e ha deciso di non seguire le nostre lotte. Si sono dimenticate delle nostre battaglie e della nostra storia e hanno messo in ridicolo la figura del transessuale".
Cosa c’è di diverso tra lei e le transessuali che girano oggi sui carrozzoni?
"Io sono una donna e ho sempre cercato la dignità che non mi è mai stata data. Mi sono sposata e non sono riuscita a trovare un lavoro, cosi sono entrata in depressione e sono stata dichiarata invalida. Che Italia è quella che mette al bando le vittime e fa andare avanti i carnefici che spendono soldi per i carrozzoni? Io sono una persona onesta, non sono mai andata a spogliarmi in tv e ho sempre salvaguardato il nome dei miei genitori. Le transessuali che urlano oggi per le strade della città, invece, vivono questa condizione come un divertimento e come una opportunità per mettersi in mostra".
Quali sono le battaglie che lei e le altre ‘trans storiche’ avete portato avanti?
"Negli anni ’60 ci siamo battute per dimostrare che eravamo donne e non uomini o vie di mezzo. Il 14 aprile del 1982 abbiamo ottenuto la legge 164, secondo la quale il giudice può disporre una ‘rettificazione di attribuzione del sesso’ e riconoscerti di sesso femminile anche se sei nato di sesso maschile. Oggi sto lottando ancora, ma contro il fatto di essere accomunata ai trans che si spogliano per strada e che si prostituiscono. Ho pubblicato un libro, ho scritto al presidente della Repubblica, ho chiesto aiuto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ho chiamato al telefono Vladimir Luxuria la quale, nonostante io l’abbia attacata, mi è stata ad ascoltare. Le ho chiesto di fare del Gay pride una opportunità per ricordare la storia e le battaglie portate avanti da noi e non un carnevale".
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